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Telefono, parrucchiere ed estetista per la figlia: a che titolo il padre deve rimborsarne i costi?

27/02/2016 Sentenze
Telefono, parrucchiere ed estetista per la figlia: a che titolo il padre deve rimborsarne i costi?

Se fosse un libro sarebbe un best seller: cosa si intende per spese straordinarie? Questione che – accanto a quella della determinazione dell’assegno di mantenimento (per figli e coniuge) - spesso è causa di furiosi litigi, fuori e dentro le aule di giustizia. La sentenza del Tribunale di Prato affronta questo tema, con una analisi equilibrata, senza peraltro giungere ad una soluzione secca, ma indicando alcuni principi, molto chiari, di grande utilità pratica.
Primo round. Il ricorso viene chiuso con una conciliazione giudiziale. Due conviventi decidono di lasciarsi: la figlia minorenne rimane con la madre. Si litiga per l’assegno di mantenimento a favore della figlia. Il peculiare giudizio previsto dal codice civile in tema di concorso negli oneri viene chiuso davanti al Presidente del Tribunale con un accordo transattivo (verbale di conciliazione): somma omnicomprensiva a carico del padre di euro 400, oltre rivalutazione.
Secondo round. Le spese aumentano. Nuovo ricorso; il decreto del Presidente del Tribunale viene opposto. Per un po’ l’assetto raggiunto funziona. Tuttavia, trascorsi un paio d’anni, la madre si rende conto che la figlia, crescendo, ha esigenze più vaste, che inevitabilmente implicano spese aggiuntive. Si rivolge quindi di nuovo al Presidente del Tribunale, sempre azionando il rimedio previsto dall’art. 148 c.c., chiedendo un assegno di euro 500 e un concorso nelle spese straordinarie da parte del padre nella misura del 50%.
Nessuna conciliazione questa volta: decide il Presidente portando l’assegno di mantenimento per la figlia ad euro 450 e stabilendo in aggiunta un concorso dei genitori nelle spese straordinarie nella misura del 50% ciascuno.
La decisione viene opposta dal padre.
Il leitmotiv della causa: le spese straordinarie. La madre sostiene che le spese per la figlia sono aumentate soprattutto per queste voci: telefono, parrucchiere, estetista, cene con gli amici, regali di compleanno. Il padre se ne sarebbe dovuto fare carico quanto meno sotto il profilo delle spese straordinarie.
Il Giudice è di ben altro avviso.
Questo il ragionamento: si potrebbe considerare straordinaria qualsiasi spesa ulteriore rispetto a quelle essenziali (vitto, alloggio). Se così fosse si potrebbero chiedere i contributi più disparati: per il cinema, il parrucchiere, la cena con gli amici, i regali di compleanno, e via dicendo.  
Spese di mantenimento e spese per alimenti sono concetti diversi. Così facendo, però, si finirebbe per confondere la nozione di “mantenimento” con quella di “alimenti”. Gli alimenti devono consentire di ovviare alle necessità fondamentali della vita quotidiana; il mantenimento riguarda invece la soddisfazione di tutte le esigenze (elementari e non) della vita di una persona, in relazione al suo tenore di vita.
Quindi, l’assegno di mantenimento deve consentire al figlio di soddisfare non solo i bisogni elementari della vita quotidiana, ma anche ulteriori esigenze: di studio, ludiche od estetiche, che già fanno parte del suo tenore di vita.
Come identificare le spese straordinarie: criterio soggettivo e criterio oggettivo. Nel concetto di spese straordinarie rientra tutto ciò che è, appunto, fuori dall’ordinario, in senso soggettivo e in senso oggettivo.
In senso soggettivo: deve trattarsi di spese non prevedibili a priori e pertanto neppure quantificabili al momento della determinazione giudiziale dell’assegno di mantenimento.
In senso oggettivo: deve trattarsi di spese di ammontare tale da non poter essere coperte dall’assegno di mantenimento, il cui importo,necessariamente variabile, va parametrato sulla base delle esigenze del beneficiario, da un lato, e sulle possibilità economiche dell’obbligato, dall’altro.
Per questo il giudice non può fare un elenco analitico delle spese straordinarie.
In definitiva, le spese per il parrucchiere e compagnia bella non sono “straordinarie” e rientrano semmai nel concetto di mantenimento che, come visto, riguarda la soddisfazione dei bisogni non solo elementari (alimenti).
Gli aspetti processuali. Nulla osta ad un nuovo ricorso se il precedente si è chiuso con una conciliazione; inammissibile la riconvenzionale dell’originario ricorrente.
Primo aspetto: in generale non è possibile proporre un ulteriore ricorso ai sensi dell’art. 148 c. c. per far rivedere (modifica o revoca) una precedente decisione assunta in base al medesimo procedimento, perché la legge prevede che si agisca in via ordinaria. Tuttavia, in questo caso specifico, il precedente giudizio si era chiuso con una conciliazione, che ha sempre natura negoziale anche se raggiunta davanti al giudice. Quindi, non  vi è nessun impedimento alla proposizione di un altro ricorso da considerarsi in pratica come il primo in assoluto.
Secondo aspetto: la madre, nel ricorso originario, aveva chiesto un assegno di euro 500; richiesta portata ad euro 700 in sede di opposizione proposta dal padre avverso il decreto presidenziale che aveva riconosciuto euro 450. Questa domanda è inammissibile, perché nel giudizio di opposizione la ricorrente originaria assume la veste di attrice in senso sostanziale. Per cui non c’è spazio, di per sé, per riconvenzionali (dal sapore, in questo caso, del ripensamento), di spettanza semmai di chi propone opposizione, da considerarsi convenuto in senso sostanziale. Insomma, lo schema e le regole sono quelli dell’opposizione a decreto ingiuntivo.


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